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Intervista a Le Corde Oblique, ambasciatori della Napoli musicale nel mondo

“Per le strade ripetute” è il nuovo lavoro del gruppo campano. Un disco strumentale madido di un sentimento meridionale, ciò che piace agli eruopei. Riccardo Prencipe ha risposto alle domande di Fanpage.
A cura di Andrea Parrella
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Abbiamo fatto alcune domande (via mail) a Riccardo Prencipe de "Le Corde Oblique", realtà musicale napoletana di formazione classica che dal 2005 si sperimenta nel tentativo di riprodurre le ambientazioni mediterranee e le atmosfere dense e variegate che il meridione riesce ad emanare. Un gruppo conosciuto in tutta Europa anche e soprattutto grazie ad un cordone ombelicale mai reciso, che stimola l'interesse di chi queste terre non le conosce. La formazione del complesso è categoricamente classica, per quanto sia una prerogativa quella di non farsi recintare in una definizione. L'ultimo lavoro, "Per le strade ripetute" vive di una fortissima capacità comunicativa ed evocativa, ecco come si sono raccontati a Fanpage.

L'ultimo album delle "Corde Oblique" è il quinto del loro percorso, cominciato nel 2005. Si intitola "Per le strade ripetute" e la prima impressione è che, a dispetto di una dimensione internazionale assunta progressivamente dal gruppo negli ultimi anni, sia nei titoli delle tracce che nei testi Napoli sia sempre presente, e da un punto di vista geografico, spaziale, nelle atmosfere musicali. Quanto è spesso il cordone ombelicale che vi lega a questi luoghi?
Forse è proprio il legame con le nostre radici geografiche, campane e napoletane a risultare interessante in Europa e nel resto del mondo. In fondo parliamo della nostra terra da sempre, lo facciamo in italiano (non in vernacolo) e preferiamo gli argomenti che ci hanno resi famosi per la loro valenza culturale, paesaggistica e storico-artistica. Il cordone ombelicale è fortissimo, come molti napoletani ho un rapporto bifronte con la città in cui vivo, tanta creatività, ma anche tante cose che mi rendono spesso insofferente. Tanti amici a cui ero affezionato che partono e vanno a vivere lontano, a volte mi sembra una città di carbone, con gli ultimi effluvi di calore, scia di una forte energia in via di esaurimento; altre volte invece la sento viva più che mai.

"Le Fontane di Caserta", una delle tracce del nuovo album, è una piccola perla strumentale che, dal punto di vista delle sonorità, pare essere la sintesi delle armonie musicali di sentimento contrastante presenti in tutta l'opera. Quale percorso di vita seguono le tracce che create? Nascono sempre come strumentali e poi aggiungete eventualmente i testi?
Condivido in pieno questa tua osservazione sul sentimento del contrasto. Si tratta di un brano nato dopo la session fotografica del disco precedente, fatta in una freddissima mattinata di febbraio del 2010 ai Giardini della Reggia. il brano è diviso in due parti: la prima "tratta" è sul giardino all'italiana (geometrico e infinito), la seconda sul Giardino inglese (si trova sul fianco di quello all'italiana, è apparentemento spontaneo, pieno di anfratti e di nostalgiche rovine, un sogno per gli amanti del Grand Tour). I brani nascono dalla chitarra e dal mio canto stonato, che poi trascrivo su carta, e viene infine trasformato in qualcosa di ben diverso dalle nostre bravissime cantanti. Per fortuna ho capito che cantare non era il mio mestiere, altrimenti avrei rovinato tutto!

La possibilità di fare musica tramite supporti elettronici, capaci di riprodurre fedelmente le sonorità degli strumenti, non è più una realtà isolata. Qual è il vostro parere in merito alla questione? Fate uso di strumentazioni di questo tipo e, se sì, in che misura?
Non usiamo un synth da anni ormai, e continuerò su questa via. Synth e quant'altro sono a mio avviso l'attestazione della decadenza del mestiere di musicista avvenuta negli ultimi vent'anni ormai, detesto il suono di plastica. Questo non vuol dire che manchi la musica elettronica di qualità, anzi. A me dà addirittura fastidio aggiungere effetti artificiali agli strumenti e far passare il suono per i microfoni, crescendo divento sempre più "naturista" in questo senso, sarà la vecchiaia… :)

"Per le strade ripetute" è un titolo enigmatico che potrebbe di certo lasciare spazio a diverse interpretazioni. Significa un ritorno al passato, la volontà di riscoprire percorsi già affrontati in passato, o la chiave di lettura è da ricercare altrove?
Il titolo "Per le strade ripetute" nasce da una poesia di José Saramago, impressa sul CD, "il viaggio non finisce, solo i viaggiatori finiscono, Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio, sempre…" l'esigenza di conservare la continuità e i rapporti con i nostri luoghi, come fossero le nostre mogli, i nostri familiari, e non qualcosa da "condividi e getta", come oggi si tende a fare. Questo senso di precarietà offre la ricerca di una vana novità continua che è ormai diventata mitica e inconsistente. Cerchiamo piuttosto di capire quanto di nuovo possa esserci nell'approfondimento di ciò che abbiamo da sempre sotto il naso, e che ormai non guardiamo neanche più, perché lo diamo per scontato.

A fronte della formazione di stampo classico, in quale sezione catalogate, oggi, la vostra produzione, ammesso che possa avere senso una catalogazione di questo tipo?
Provo sempre a non storcere il naso quando mi si chiede che tipo di musica faccio, molti musicisti dicono che quello che fanno non può essere etichettabile perché è unico e innovativo, io ho smesso di pensarla così quando mi sono reso conto che "Animals" dei Pink Floyd è stato registrato nel 1977, prima della mia nascita, o che la ciaccona di Bach è stata scritta nel ‘700. Considerando questo direi che quello che scrivo io oggi vada molto ridimensionato e ringrazio che ci sia ancora gente disposta ad ascoltare musica scritta da me, dopo i capolavori sopra citati. Direi che possa essere definita una sorta di Progressive-Mediterranean-Folk, in questo modo vengono racchiuse le tre componenti principali, anche se vengo dal gothic e dall'ethereal, e questo in parte si sente ancora sottopelle.

Vista la proposta immensa, quale strada seguite affinché le "Corde Oblique" possano distinguersi rispetto alla massa, pur restando la vostra una sperimentazione finalizzata ad un risultato "comprensibile", se così si può dire, da un pubblico non necessariamente ristretto?
Questo è uno dei nostri obbiettivi, non avere compromessi commerciali, senza però essere troppo ermetici. Credo di aver raggiunto un buon compromesso tra la comunicabilità del messaggio e la libertà compositiva, ma ovviamente posso e devo ancora migliorare e far meglio in questa direzione. So che questa nostra libertà di pensiero farà in modo che la nostra musica non faccia presa sulle grandi masse. Potrei dirti che non mi interessa vendere tanti dischi, ma mi interessa molto venderli ha chi ha già una buona collezione di dischi a casa, non so se sia vero o no… in fondo a tutti noi fa gola vendere tante copie e riuscire a mettere il cappello su un primato numerico, in questo momento forse non so neanche io cosa sia meglio!

Quali sono i prossimi appuntamenti, italiani ed esteri, che vi attendono?
Il 12 gennaio saremo a Fondi e il 19 alla Milonga Portena di Napoli. Ancora, alla Casa del Jazz di Roma il 20 dicembre. Grazie per quest'intervista, è stata una bella "chiacchierata"!

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